«Luce innocente! Aria, erede di uguali orizzonti Senti, che canto di morti Che vibrare di colpi Sui miei lividi seni Quando il canto del buio dilegua. Notti bianche! Complice conscio Il mio amato giaciglio, tra mura dolenti Sa la sofferta canzone di morte Che dedico al padre. Guerra scarlatta Non fu cortese con lui, nella terra lontana. ... Ah no, non soffoco il canto Di morte, le lacrime amare Finché notte striata di luci Mi palpita, brilla negli occhi, O mattina di sole. ... Non ho forza da sola Non so equilibrare Prepotente carico d'ansia.» Stretta tra le mani è l'effige paterna, impressione fotografica immobile inondata da calde lacrime. Che questo canto sia presentazione. Che questo canto sia rimembranza futura. Elettra, luminoso astro, figlia di un padre che la guerra ha ingiustamente strappato. Figlia di una madre le cui azioni la circostanza rivelato. «Aveva in sé la morte, il padre, Elettra. ... Sii ragionevole. Mitiga i singhiozzi. È passo obbligatorio: Patiremo tutti.»

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